ibert orchestral works

Jacques Ibert

“Orchestral Works”

Orchestre de la Suisse Romande – Neeme Järvi

SACD Chandos – CHAN 5168

Anche dopo l’irruzione e l’instaurazione dei nuovi linguaggi musicali, a cominciare dalla dodecafonia di Schönberg, che progressivamente, nel corso dei primi decenni del Novecento, sostituirono il sistema tonale, ci furono tuttavia diversi compositori che non vollero rinunciare a quel linguaggio che per quasi duecento anni, a partire da Bach, aveva dominato la scena della musica colta occidentale. Tra coloro che vollero dare vita a composizioni ancora fedeli al linguaggio musicale usato da Beethoven, Brahms, Strauss e Verdi ci fu anche il francese Jacques Ibert, nato a Parigi nel 1890 e morto nella stessa città nel 1962. Per dirla con Ibert stesso, questo compositore non abbracciò mai una particolare scuola musicale, preferendo definirsi un “eclettico” anche per ciò che riguardava il suo repertorio, non votato unicamente alla musica classica, ma anche a quella cinematografica, visto che scrisse le colonne sonore di alcuni film, tra cui quelle per il Don Quixote di Pabst, il Macbeth di Wells e Circus di Kelly. Questo eclettismo si può ravvisarlo anche nella sua produzione orchestrale, come dimostra questo interessante disco dell’etichetta inglese Chandos, che presenta buona parte delle sue opere dedicate a questo genere.

Ci sono pagine più famose, come Ouverture de fête, commissionata dal governo giapponese nel 1940 per festeggiare il ventiseiesimo centenario della nascita dell’impero nipponico, e Sarabande pour Dulcinée, tratta proprio dalle musiche per il film di Pabst, ad altre meno conosciute, ma non per questo meno interessanti, come il frenetico scherzo orchestrale Bacchanale del 1956, che rivela un indubbio influsso del linguaggio neoclassico stravinskijano, o il giocoso brano Hommage à Mozart che risale allo stesso anno. Si badi bene, si parla del 1956, ossia in un’epoca nella quale la musica contemporanea aveva preso, a partire dalla Scuola di Darmstadt, un sentiero sempre più sperimentale, ossia un indirizzo artistico che lasciò sempre indifferente, come si è visto, Ibert.

Dopo la morte di Wolfgang Sawallisch e di Lorin Maazel, l’estone Neeme Järvi è uno dei pochissimi Kapellmeister rimasti in attività, ossia uno di quei direttori d’orchestra capaci di vantare un repertorio esecutivo a dir poco sterminato. Insomma, una garanzia che viene ribadita anche da questa lettura dei brani di Ibert, resi briosi, gai, attraenti e luminosi anche grazie a quella splendida compagine orchestrale che è la Orchestre de la Suisse Romande. Un disco che rappresenterà una piacevolissima sorpresa per chi non conosce le musiche di questo compositore.

Come sempre i tecnici del suono della Chandos hanno saputo catturare il suono orchestrale come meglio non si potrebbe. Chi vanta un impianto d’ascolto all’altezza non potrà non apprezzare il palcoscenico sonoro nel quale è stata fissata l’orchestra a debita profondità, la dinamica (si ascolti il settore degli ottoni e quello delle percussioni) e il preciso dettaglio, tali da confezionare un suono davvero straordinario.

Andrea Bedetti