Cover CD Allauca - Cimarosa

Alejandro Nùñez Allauca

“Simonetta Tancredi interpreta Alejandro Nùñez Allauca”

Simonetta Tancredi

CD Cimarosa Records

La produzione pianistica del compositore peruviano-svizzero Alejandro Nùñez Allauca è contrassegnata da due aspetti primari: da una parte, come avviene per il resto della sua produzione musicale, la sua totale aderenza al linguaggio tonale da lui utilizzato non tanto quale baluardo di fronte allo strapotere dell’“incomunicabile” musica contemporanea attuale, quanto come strumento “comunicativo” che ancora riesce a trasmettere e a delineare validamente le istanze e le necessità espressive rispetto a questo momento storico; dall’altra, la precisa volontà di presentare/mediare la tradizione della musica popolare andina di cui è uno dei principali testimoni nell’ambito della musica colta occidentale. Ora, entrando nel merito della produzione pianistica del compositore peruviano-svizzero, si possono evidenziare due blocchi distinti, ma non antitetici: il primo è formato da brani impostati e strutturati secondo una fisionomia “classica” (si pensi alla Sonatina Op. 2, al Preludio n. 1, alla Sonatina in sol minore), mentre il secondo, più eterogeneo, ingloba pezzi che scaturiscono, anche nell’applicazione della loro forma, da influssi ed elementi creativi esteriori al contesto musicale e che Alejandro Nùñez Allauca veicola nell’ambito artistico (a tale proposito, Festa d’ottobre, Koribeni, Pachacámac, Lugano mi amor rientrano proprio in tale blocco). Ora, se dovessimo traslare la dimensione musicale di questo compositore su un piano pittorico, sicuramente Alejandro Nùñez Allauca apparterrebbe alla categoria dei pittori paesaggistici (e il suo modo di comporre, in tale senso, ricorda proprio la connotazione ritmica data dal colore spalmato, “fissato” dai maestri dell’Impressionismo francese). “Impressione” che questo musicista fa collimare sempre in un contesto di “espressione” poiché non viene mai meno il principio essenziale e basilare della chiarezza: il pianismo di Alejandro Nùñez Allauca non allude, non accenna, ma sempre manifesta la sua intenzione, non si cela dietro il simbolo o un’allegoria, ma mostra chiaramente a tutto tondo ciò che vuole “esprimere”. Si prenda il brano Pachacámac, composto nel 2012, nel quale Nùñez Allauca rievoca le “impressioni” ricavate nel corso di una visita al sito archeologico di Pachacámac, le cui vestigia sono il segno, il ricordo storico di una grandiosa civiltà precedente a quella degli Incas; ebbene, questo brano, e ciò vale anche per ciò che riguarda l’approccio esecutivo, si trasforma in un “ricordo di un ricordo”, ossia di come questo artista sia rimasto “impressionato” dalla grandiosità di queste rovine impregnando in sé l’“impressione” storica, leggendaria e temporale tramandate dalle vestigia stesse. Ecco l’esteriorità che accende e mette in moto il principio creativo dell’interiorità. E lo stesso può essere detto in ambito naturalistico-paesaggistico per un pezzo come Lugano mi amor (2015, qui presentato senza la presenza dell’accompagnamento vocale) che descrive le emozioni, ancora una volta le “impressioni”, che la scoperta di questo luogo ha provocato nell’artista, il quale pianisticamente (si noti la fase ritmica e l’agogica) ha il cuore che palpita in quanto le atmosfere, i colori, le forme, i profumi che Lugano emanavano, gli ricordavano il “respiro” (nel senso mahleriano del termine) della sua terra. Così, questo scorcio in territorio svizzero si sovrappone, si adagia sui ricordi e sulla nostalgia della lontana terra natìa, permettendo al compositore di vivere e assaporare un flusso di continuità temporale, dove il passato si veste con i panni del presente.

La natura, intesa come causa, cede poi al suo effetto, ossia le tradizioni, le leggende, le storie che vengono incarnate dall’uomo che le narra e le tramanda, come viene descritto in un brano quale Toccata e fuga su tema indigeno (2013) nel quale, come si è già accennato, l’immenso bacino della cultura andina combacia e viene trasformato dal linguaggio tonale attraverso una delle sue massime conquiste formali, la Toccata e la Fuga. Un altro esempio dell’“impressionismo” di Nùñez Allauca, inteso ovviamente come ricerca del colore, delle emozioni e delle sensazioni che ne derivano e non certo come falsariga di un pianismo di matrice debussyana o raveliana, risiede in un brano quale Festa d’Ottobre (2014), nel quale il compositore peruviano-svizzero descrive e si fa testimone di una delle più importanti feste che si svolgono a Lima, quella del “Señor de los milagros”; qui la scrittura pianistica non solo “nobilita” ma anche condensa con precise ed essenziali pennellate timbriche la dimensione popolare e religiosa della festa, facendo coesistere l’aspetto profano con quello sacro, come solo in America Latina può accadere.

Proprio l’ambito sacrale viene toccato anche da un’altra composizione, Meditazione sul Kyrie dalla Missa Andina (2010) la più celebre opera sacra di Alejandro Nùñez Allauca, che sul pianoforte si trasmuta in una variazione di quel brano della Missa, in una sorta di riconsiderazione del materiale utilizzato nella versione per voci, coro e orchestra. A proposito del passaggio da una strumentazione a un’altra, la trascrizione non manca nel repertorio del compositore peruviano-svizzero come si può constatare ascoltando Evocación (1969) che mette in evidenza un altro aspetto peculiare di questo musicista, la passione per la fisarmonica, del quale Alejandro Nùñez Allauca è un raffinatissimo virtuoso. Si noti come in alcuni punti la tastiera del pianoforte imiti nelle scale quella della fisarmonica e come allo stesso tempo la timbrica del piano riesca a sviluppare, ad approfondire e a sondare attraverso l’agogica l’eloquio del brano. Si è detto precedentemente dell’aspetto “classico” del pianismo di Alejandro Nùñez Allauca che si estrinseca compiutamente in brani come la Sonatina Op. 2, il Preludio n. 1 e la Sonatina in sol minore, un trittico di composizioni che ci fanno comprendere come il compositore applichi un’idea di classicismo pur non disgiungendolo da ambiti che attingono, ancora una volta, dalla dimensione tradizionale e popolare della cultura dalla quale proviene, oltre che da quell’afflato “memorialistico personale”. E se il breve e rarefatto Preludio n. 1 (2001) rappresenta ancora un motivo nel quale l’Occidente incontra temi e atmosfere dal sapore squisitamente andino, nella Sonatina in sol minore (1997) la scrittura musicale occidentale si piega totalmente, rendendosi mero strumento per esaltare le tipiche sonorità della musica popolare peruviana. Tutte queste peculiarità, questi colori, queste sfumature, tali da materializzare il contesto e il ricordo, sono stati ottimamente resi ed esaltati dalla lettura pianistica di Simonetta Tancredi, capace di prendere per mano l’ascoltatore e di raccontargli una storia nella quale ogni brano da lei sapientemente eseguito si trasforma in una pagina da leggere e riflettere.

Andrea Bedetti