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JOHN ADAMS

VIOLIN CONCERTOS

Leila Josefowicz, violino

St. Louis Symphony

David Robertson, direttore

Nonesuch

5_stelle

Il concerto per violino e orchestra del compositore americano John Adams rappresenta un unicum nella storia del genere, almeno per quanto riguarda la musica contemporanea. Composto nel 1994 per il New York City ballet e dunque per accompagnare una rappresentazione di danza, è considerato ancora oggi una delle più interessanti creazioni per violino e orchestra dai tempi del concerto di Alban Berg e del suo concerto “in memoria di un angelo”. Concerto al quale sicuramente sembra richiarmarsi questa composizione, almeno nel suo primo movimento che come tiolo porta solo l’indicazione metronomica. Si tratta di un brano di grande lirismo e complessità, dove il violino dialoga pressochè incessantemente con l’orchestra. Non abbiamo di fatto, da questo punto di vista, alcun richiamo alla forma tradizionale del concerto con introrduzione orchiestrale seguita poi dall’entrata del “solo”. Anzi. Qui l’orchestra è come un tappeto sonoro con il quale il violino costruisce un dialogo che sembra non finire. interessante poi l’utilizzo, alla fine di questo primo movimento, di alcuni sintetizzatori. Segue poi il brano più bello del concerto (almeno per chi scrive), “Chaconne: body through which the dream flows” per finire con un funambolico e dionisiaco ultimo movimento, “toccare”, che raggiunge il parossismo. Di questa composizione non poteva esserci interprete migliore che la violinista canadese Leila Josefowicz, con quel suo fare un po’ punk-dark (guaradte la foto all’interno del libretto del disco). Del resto, il rapporto fra la violinista classe 1977 e il compositore americano è molto forte e per lei John Adam ha espressamente composto  la sinfonia drammatica “Sheherazade. 2” per violino e orchestra. Bisogna, a volte, essere anche un po’ fuori dagli schemi per farsi interpreti di una modernità che vuole raccontare il nostro presente. Nel fare questo non riusciamo davvero ad immaginare un’interprete diversa dalla Josefowicz, che sfoggia in questa registrazione un virtuosismo davvero notevole accompagnato da un impeto quasi demoniaco che possiamo ascoltare nel già citato movimento finale, dove compare anche il basso elettrico. Ottima la prova dell’orchestra americana di St. Louis diretta da David Robertson. Un ascolto consigliato.

Gabriele Formenti