Cover CD Strauss - Camerata

Richard Strauss

“Richard Strauss and The Piano”

Costantino Catena (pianoforte) – Quartetto Savinio

CD Camerata Tokyo – CMCD 28309

Si pensa a Richard Strauss e subito nella mente prendono corpo due sfere musicali, la prima che riguarda il corpus dei suoi poemi sinfonici e la seconda che condensa il repertorio delle sue opere liriche. Ma il compositore monacense, come si sa, non è soltanto ciò ma anche altro e nell’altro in questione si pongono anche le sue opere giovanili, scritte sia per compiacere il severo e autorevole padre Franz, uno dei migliori cornisti dell’epoca e suo primo insegnante, sia per dimostrare a se stesso e agli altri (un côté, questo, che conserverà anche in età adulta alienandosi non poche simpatie) di essere molto bravo e di saper fare musica in modo stimolante e originale. Questo disco presenta per l’appunto alcuni brani per solo pianoforte e per pianoforte ed ensemble cameristico scritti tra il 1875 e il 1893, ossia quando il futuro autore di Also sprach Zarathustra e Der Rosenkavalier ebbe tra gli undici e i ventinove anni, quindi tra i primi approcci compositivi, come nel caso del “Concertante per pianoforte, due violini e violoncello”, pagina del tutto e tipicamente occasionale, e i “Due pezzi per pianoforte, violino, viola e violoncello”, in un’epoca nella quale Strauss stava già dando fondo alla sua magistrale capacità di trasformare l’orchestra in una titanica creatura polimorfica e policromatica attraverso l’elaborazione dei primi poemi sinfonici (Aus Italien, Ein Heldenleben, Don Juan, Tod und Verklärung, Macbeth) e mentre era impegnato nei ritocchi della sua prima opera lirica, Guntram. Tra questi due estremi vi è, pianisticamente e cameristicamente, una “terra di mezzo” attraverso la quale il giovanissimo e giovane Strauss forgiò il suo suono, cominciando quel processo di progressivo distacco dalla “fase di sedimentazione”, nella quale imitò i grandi del passato, Haydn e Schubert su tutti, per aderire a quella di piena “emancipazione” dalla figura di artista e di musicista che la buona società guglielmina si era illusa di aver creato per vedersi rappresentata ed esaltata (con l’inevitabile irruzione di lì a pochi anni di Salome prima e di Elektra poi, scandalosamente sensuale la prima, troppo innovativa ed “espressionista” la seconda per essere accettate dalle classi più abbienti e conservatrici, al punto che fa fede la celebre affermazione del Kaiser Guglielmo II: «Abbiamo allevato una serpe in seno»), attraverso una piena consapevolezza dei suoi mezzi espressivi, dapprima applicati al poema sinfonico e poi al teatro musicale. L’ascolto di questo interessantissimo disco, quindi, consigliato ai palati fini e a quanti amano lo Strauss delle due sfere musicali di cui si è detto sopra, risulta dunque necessario, inevitabile per raccogliere e tirare i due estremi della corda, tra i cui nodi troviamo quindi i “Cinque pezzi per pianoforte op. 3”, la “Serenata in sol maggiore” per quartetto con pianoforte, la “Marcia festiva in re maggiore” per violino, viola, violoncello e pianoforte e, soprattutto, gli Stimmungsbilder op. 9, ossia i cinque “Quadri ad effetto” per pianoforte, questi ultimi composti tra il 1882 e il 1884. Proprio in questi “Quadri”, sulla base di ciò che si è detto, possiamo quindi intravvedere, scorgere, vedere annunciati quei passaggi, quei meccanismi di scrittura e resa timbrica che verranno poi adeguatamente riprogettati e incastonati a dovere nelle opere più celebri della maturità (e da qui si può anche comprendere come un pianista quale Glenn Gould, nel ruolo di colui che doveva épater le bourgeois, avesse tra i suoi cavalli da battaglia proprio la terza Sonata in si minore straussiana, considerandola tra le più belle e profonde di tutto l’Ottocento). Pezzi su cui spiccano Intermezzo e Heidebild, con quest’ultimo in cui sembra di poter ravvisare negli ultimissimi accordi ribattuti a distanza la stessa conclusione di una delle ultimissime composizioni, Im Abendrot, l’ultimo dei Vier letzte Lieder, nel quale il canto morente delle due allodole si stempera dolcemente con l’ultimo accordo orchestrale.

Definire di riferimento l’esecuzione, da parte di Costantino Catena, di questi Stimmungsbilder, così come dei Funf Klavierstücke, può essere considerato riduttivo, in quanto la lettura che ne fa se da una parte tende a non rendere “anagrafiche” queste interpretazioni, ossia esasperando la loro genuinità giovanile e calcando sugli stilemi e sugli influssi dei compositori precedenti, dall’altra esalta giustamente, a mio modo di vedere, quei punti, quei passaggi armonici e timbrici che riconducono appunto al “futuro” Strauss, ossia restituendo a queste opere il loro significato di works in progress, a volte geniali e illuminanti. E se tecnicamente non sono di certo delle pareti di sesto grado, al pianista campano va tuttavia ascritto il merito di aver saputo restituirne quel “suono interiore”, quel seme germinante che anticipa il linguaggio futuro straussiano. Encomiabile anche la prova del Quartetto Savinio, capace di restituire un’esecuzione estremamente precisa e pulita di questi pezzi che, dopotutto, non devono essere nemmeno presi sottogamba, anzi.

Infine, una nota di merito va a quel mago dell’ingegneria del suono che è Yasuhisa Takashima, che ha saputo catturare il suono della registrazione in modo a dir poco esemplare all’interno della Chiesa di San Giorgio a Salerno, trasformandola in un mirabile studio. Il suono è asciutto, ma non spigoloso, attento nella riproduzione degli armonici (quelli del pianoforte Yamaha CFX sono ideali, con il corretto punto di decadimento), così come quelli degli strumenti ad arco, ai quali ha saputo restituire la meravigliosa setosità. Audiofilia pura.

Andrea Bedetti