cd cover frandi cupido i dardi

AA.VV.

Frangi Cupido i dardi.

Cantate per alto e basso continuo del Settecento napoletano.

Hasse Leo Scarlatti Vinci,

Leandro Marziotte controtenore, Nicola Brovelli violoncello, Luigi Accardo clavicembalo, Diego Leverić arciliuto e chitarra barocca,

cd Arcana AD 103.

Genere musicale nato nel Seicento, la Cantata matura soprattutto tra la fine del secolo e la prima metà del Settecento assumendo le forme più diverse. Si va dalla versione destinata ad una singola voce con basso continuo a quella a tre voci con piccolo ensemble strumentale; per motivi pratici il numero più alto di cantate è quello ad una voce con continuo o con due violini e continuo. Ispirate a vari generi letterari, le cantate presentano oltretutto un’interessante duttilità: alle tematiche amorose con abbondanti lagrime e sospiri, fanno da contraltare quei testi ironici o comici che traevano linfa vitale dal ‘quotidiano’ dell’epoca.

Un esercito di compositori ha espresso il proprio talento in tali creazioni e la numerosa squadra di musicisti cosiddetti “napoletani”, per formazione diretta o indiretta, ha dato un esemplare contributo a questa letteratura. L’eccellenza è rappresentata da Alessandro Scarlatti, che in questo cd è presente con la cantata “Ero e Leandro” (incipit Leandro, anima mia). La compassionevole fabula di Ero e Leandro trova in questo ‘teatro’ scarlattiano nuovi orizzonti espressivi, con la sacerdotessa Ero contrastata tra l’amore divino e quello terreno e la dolcezza di quella relazione furtiva, dal tragico destino, è trattata sapientemente dal musicista siciliano con tre coppie di recitativi e arie (RARARA) dando vita ad «una micro-drammaturgia ricca di disparate informazioni rappresentative» che necessitano di musicisti esperti e di una voce molto espressiva, come nel caso della coinvolgente interpretazione del contraltista Gérard Lesne e degli strumentisti de “Il Seminario Musicale” (cd Virgin, poi Erato).

La “teatralità” più intima di Scarlatti contrasta, invece, con quella più esuberante del calabrese Leonardo Vinci, che con una più tradizionale successione di due coppie di recitativi e arie (RARA) evoca nella cantata Tu partisti, o del core un palcoscenico sonoro fatto di eclatanti ‘gesti’ vocali per descrivere la mutevolezza del cuore amante lontano dal suo “nemico amato”: in analogia con la capricciosa meteorologia fatta di luminosi raggi solari alternati a minacciose tempeste, la volubilità amorosa viene espressa con l’uso abbondante di melismi vocali e con gli “ostinati” che interessano sia la voce, sia lo strumentale del basso continuo. Ma contro Cupido e i suoi “dardi” il pugliese Leonardo Leo fa inveire il protagonista della sua cantata Frangi Cupido i dardi, che dà il titolo all’intero cd, prendendo le distanze dal fanciullesco nume bendato con l’aria «Si, detesto o Nume Arciero», dove un turbinio di “strali” vibranti realizzati con gli strumenti del continuo insidiano la linea del canto intento a liberarsi dalla schiavitù del “Nume ingannator”. Le agitazioni amorose sono affrontate poi da Leo ancora nell’altra sua cantata presente nel cd: Dal dì che in questo petto. Nella cantata O pace del mio cor di Johann Adolf Hasse c’è, invece, la ricerca dell’oblio in contrapposizione all’altra cantata del Sassone (Pur ti stringo in questo petto) che apre il cd, dove la fiamma amorosa arde ancora vigorosa coinvolgendo voce e strumenti fino a diventare un sensuale rogo.

Le suggestive note illustrative di Paologiovanni Maione accompagnano l’ascoltatore nel labirinto amoroso di questa stimolante scelta di cantate “napoletane”, facendone rivivere “desiderati sogni”, “insanabili abbandoni e addii”, colmando i ‘vuoti’ espressivi dell’acerba voce del giovane contraltista uruguaiano Leandro Marziotte (premiato nel 2014 a Göttingen alla “International Händel Competition”) e dei volenterosi continuisti che lo accompagnano, sottolineando che per questo impegnativo repertorio erano richieste all’epoca «voci soavissime… per assolvere al privato esercizio dilettevole, in cui non è la potenza ad essere invocata ma la sapienza performativa a tutto tondo». Ci sarà tempo per questi giovani musicisti di crescere in raffinatezza tecnica e interpretativa.

Domenico Antonio D’Alessandro